10 marzo 1872

"Mazzini ritorna"

di Francesco Nucara

Ieri, 10 marzo, è stato il 139° anniversario della morte di Giuseppe Mazzini.

Accompagnato dai ragazzi della Federazione Giovanile Repubblicana, mi sono recato a deporre un mazzo di fiori sotto la statua di Mazzini a Piazzale Ugo La Malfa in Roma.

Sono stato ancora una volta, come tutti gli anni, colto da una forte emozione nello stare insieme a tanti ragazzi che riescono, tutt’oggi, a pascersi del pensiero mazziniano, nel ricordo di quello che è stato considerato l’Apostolo dell’Unità d’Italia.

Nella mia pur breve analisi, mi soccorre uno scritto del prof. Giuseppe Calogero dal titolo "Mazzini ritorna".

Ritorna con l’attualità del suo pensiero forte e immutabile nel tempo. Ci è stato descritto come l’uomo che "mai rise" (Carducci), l’uomo che vestì di nero tutta la vita perché a lutto per l’Italia divisa (De Cataldo). In "Mazzini ritorna" troviamo una citazione di uno scrittore straniero che così lo descrive: "Quando l’ingratitudine e l’esilio avranno logorato quest’uomo; quando egli si spegnerà come Dante in terre straniere, tutta l’Italia esclamerà: Mazzini è morto, è morto colui al quale noi dobbiamo tutto...".

Mazzini è morto in Italia, a Pisa, ospite di una famiglia amica (Rosselli-Nathan), ma da esule e sotto falso nome (Brown). E tuttavia Mazzini non fu così triste come ancora lo si descrive. Non può essere triste un uomo che sa di musica, di arte (pittura in particolare), di letteratura e non può essere stato triste un uomo che amava i giovani e le donne.

Ieri abbiamo assistito alla donazione di quattrocento lettere inedite da parte dell’americana Norah Mayper, erede di Katherine Hill e, da queste lettere, come scrive il "Corriere della Sera" di ieri, si evince: "...un Mazzini sottratto agli stereotipi. Assai colto. Curioso delle novità editoriali, ma anche interessato a vicende spirituali e religiose". E tra l’altro si interessava anche alla qualità della birra! L’Ignorante dovrebbe leggere qualche libro in più e scrivere qualche instant-book in meno.

L’occasione è opportuna per sfatare le dicerie, perché di questo si tratta, seguite da affermazioni di personaggi autorevoli della politica italiana, di quella politica ormai messa in soffitta: Mazzini non era un terrorista. Casomai era, almeno dal punto di vista ideologico, un regicida. Non avrebbe fatto mettere bombe sull’Italicus, alla stazione di Bologna o alla Banca dell’Agricoltura. E non son potuti essere gli anarchici, idealmente legati al pensiero mazziniano, a mettere quelle bombe. Sempre che di anarchici si trattasse.

Riaccostarsi a Mazzini quindi per conoscere le verità risorgimentali, per meglio conoscere colui che, con linguaggio odierno, potremmo definire l’ideologo dell’Unità d’Italia e che comunque noi preferiamo chiamare ancora Apostolo, avendo poco o per nulla dimestichezza con le ideologie.

Mazzini non fu altro che il felice interprete di quell’humus culturale che aveva preceduto la sua nascita. Ad una certa idea dell’Italia avevano contribuito Dante Alighieri, Ugo Foscolo, Giacomo Leopardi etc. Basterebbe rileggersi la lezione che Randolfo Pacciardi, perseguitato dal fascismo, esule in Svizzera, tenne ai ragazzi di un liceo a proposito del parallelismo culturale tra Dante e Mazzini, prima di riparare in Francia.

Sarebbe sufficiente questo all’Ignorante per capire e imparare qualcosa in più.

Concludiamo con le parole di Giuseppe Calogero: "E’ questa la gloria vera nella quale noi crediamo, e a cui non vorrà mai rinunciare la gioventù italiana, educata dal Mazzini al culto supremo dell’onore, della fedeltà e del sacrificio."